Terzo Anello

Yellowjackets: La seconda stagione svela nuovi orrori e misteri nel thriller soprannaturale di Paramount+

“Nella vita reale, sarei stecchita”: è così che Melanie Lynskey, una delle protagoniste della perturbante serie horror di Paramount+ Yellowjackets, ha commentato l’eventualità di ritrovarsi come il suo personaggio Shauna dispersa tra le montagne innevate. La scorsa stagione si era conclusa con un finale agghiacciante (in ogni senso): le studentesse della Wiskayok High School, rimaste bloccate per un anno tra le Montagne Rocciose canadesi dopo un incidente aereo, avevano lottato per sopravvivere in quell’ambiente selvaggio, alcune perdendo la ragione, altre la vita.

La seconda stagione di Yellowjackets si fa ancora più tortuosa e ambigua, approfondendo i legami e le relazioni tra chi è sopravvissuto al disastro aereo negli anni ’90 e le loro versioni adulte venticinque anni dopo. Nessuna è uscita indenne o completamente sana di mente: quelle esperienze hanno portato con sé lo strascico dello stress post-traumatico, della paranoia, della sociopatia, dei deliri religiosi e dell’istinto omicida.

La storia si svolge in una baita abbandonata tra le montagne, dove le protagoniste si sono rifugiate. L’inverno è ormai alle porte e la routine di sopravvivenza è rodata, ma il freddo è implacabile e il cibo scarseggia. Shauna è incinta, Jackie è morta assiderata e il figlio dell’allenatore, Javi, è disperso. Il fulcro narrativo della stagione è Lottie, le cui visioni generano fanatismo, creano fazioni e alienano le più scettiche. La suggestione fa interpretare eventi naturali in chiave mistica, rendendo difficile distinguere se le ragazze sono possedute da un’entità maligna dei boschi o se le azioni di crudeltà animalesca di cui si sono macchiate provengano da loro stesse. Anche Lottie è colta dall’incertezza, ma quel misticismo brutale sembra l’unico elemento in grado di dare alle sopravvissute la forza psicologica per superare l’inverno: serve loro qualcosa in cui credere, anche se è un culto primordiale.

La seconda stagione introduce le versioni adulte di alcuni personaggi finora conosciuti solo nei flashback, che si vanno ad affiancare a Shauna, Misty e alle altre nel presente. Queste nuove incarnazioni sono ancora ambigue e sinistre, pronte a tutto pur di proteggere il segreto dei loro trascorsi cannibali. I nuovi episodi si addentrano ulteriormente nel cuore della storia, alternando visioni passate di diffuso e perturbante simbolismo, di violenza tribale e ancestrale, con quelle più realistiche del presente, che vedono il gruppetto delle sopravvissute ricostituirsi.

Yellowjackets continua a fare leva sulla potenza dell’intreccio delle linee temporali, saltando tra flashback e flashforward e mostrando – con un confronto diretto tra azione e reazione – i traumi che hanno segnato le esistenze delle ragazze nel passato e le ferite psichiche che si portano dietro nel presente. La bravura di Lynskey, Ricci e del resto del cast è ammirevole, ma le scene ambientate nel presente non possono essere inquietanti, oscure e seducenti come quelle ambientate nel 1996. “C’era qualcosa là fuori con noi”, dirà a un certo punto una delle ragazze, “O in noi”, aggiungerà dopo una riflessione. La questione del soprannaturale resta la più avvincente, e non vediamo l’ora di averne un altro assaggio.

Yellowjackets è una serie che non teme di esplorare i confini tra horror, thriller e mistero soprannaturale. Con una trama avvincente, personaggi complessi e una suspense incessante, la serie tiene gli spettatori incollati allo schermo, in attesa di scoprire nuovi orrori e segreti che si nascondono tra le montagne innevate. Se sei un amante del genere, non puoi perderti Yellowjackets su Paramount+.